La diagnosi di cancro è spesso deflagrante nella vita di un individuo e canalizza tutte le proprie energie nel percorso per uscirne vivi. Quando il soggetto è giovane o è ancora adulto e desidera dei figli nel proprio futuro occorre parlare dell’impatto che le terapie possono avere sulla fertilità. Un argomento che non rientra nella routine del percorso oncologico ma per il quale invece esistono strategie concrete, questo nonostante l’AIOM abbia pubblicato delle chiare Linee guida ‘PRESERVAZIONE DELLA FERTILITÀ NEI PAZIENTI ONCOLOGICI’ nel 2017 in cui si scrive ‘Ogni giorno in Italia vengono diagnosticati almeno 30 nuovi casi di tumore in pazienti di età inferiore ai 40 anni, pari al 3% della casistica generale (364.000 nuovi casi nel 2012 – stima AIRTUM) . Riferendosi per maggior precisione ai soli casi registrati, su un totale di 254.979 nuovi iscritti nei Registri Tumori nel 2010, i pazienti al di sotto dei 40 anni sono 7.828, con netta prevalenza per il sesso femminile (4.897 donne vs. 2.931 uomini) . I più comuni tipi di cancro in questo sottogruppo di pazienti sono rappresentati nell’uomo da tumore del testicolo, melanoma, tumore colon-rettale, linfoma non Hodgkin e tumori della tiroide, mentre nella donna da carcinoma mammario, tumori della tiroide, melanoma, carcinoma della cervice uterina, e carcinoma del colon-retto .

La possibile comparsa di sterilità o d’infertilità secondaria ai trattamenti antiproliferativi e il disagio psico- sociale ad essa legato sono temi di importanza crescente, non solo in considerazione del miglioramento della prognosi nei pazienti oncologici di età pediatrica e giovanile , ma anche a causa dello spostamento in avanti dell’età alla prima gravidanza nei paesi occidentali .

Un recente studio australiano ha evidenziato come il timore di sterilità secondaria non sia strettamente legato a un progetto concreto di procreazione, ma abbia più ampiamente a che fare con la sfera profonda dell’identità sessuale nel suo complesso . La criopreservazione del seme sembra giocare in questo senso un valore positivo nell’affrontare emotivamente la diagnosi di cancro e il suo trattamento, anche se poi i campioni saranno effettivamente utilizzati solo da una minoranza dei pazienti (<10%)”.

L’infertilità è definita come l’incapacità di concepire dopo un anno di rapporti sessuali non protetti. I trattamenti antiproliferativi (radioterapia e chemioterapia) sono associati a un elevato rischio di infertilità temporanea o permanente. Il tasso di infertilità iatrogena è variabile e dipende da più fattori: classe, dose e posologia del farmaco impiegato, estensione e sede del campo di irradiazione, dose erogata e suo frazionamento, età e sesso del/la paziente, anamnesi di pregressi trattamenti per infertilità .

Inoltre, l’infertilità maschile può essere secondaria alla malattia stessa (neoplasie del testicolo, linfoma di Hodgkin), a danno anatomico (eiaculazione retrograda o aneiaculazione), a insufficienza ormonale primaria o secondaria, e a esaurimento delle cellule staminali germinali. La criopreservazione del seme rappresenta una strategia efficace di preservazione della fertilità che, se adeguatamente programmata, non richiede tempi lunghi e dovrebbe essere offerta a tutti gli uomini prima di iniziare trattamenti potenzialmente tossici per l’apparato riproduttivo .

E’ fortemente raccomandato che il prelievo del seme venga effettuato prima dell’inizio delle terapie antitumorali in quanto la qualità del campione e l’integrità del DNA degli spermatozoi possono essere compromessi anche dopo un solo ciclo di trattamento.

Per chi volesse approfondire http://media.aiom.it/userfiles/files/doc/LG/2017_LGAIOM_Preserv_fertil.pdf

Leave a Reply