Potrebbero rendere la diagnosi di tumore alla prostata estremamente più accurata.

E’ ciò a cui sono giunti gli scienziati del National Cancer Institute americano che ne hanno dato notizia dalle pagine del New England Journal of Medicine. 

La nuova tecnica consiste nel connubio tra la biopsia tradizionale e una ‘target’ che permette di prelevare campioni di tessuto in aree sospette individuate dalla risonanza magnetica multiparametrica. 

Questo approccio combinato e più specifico permetterebbe una diagnosi ancora più accurata e di distinguere tra casi a basso rischio che non hanno bisogno di aggressivi trattamenti chirurgici e forme più pericolose come i carcinomi che necessitano un approccio più aggressivo. 

I ricercatori hanno analizzato i dati di 2100 uomini che erano stati sottoposti ad entrambi i tipi di indagine. Quelli che avevano ricevuto una biopsia tradizionale si vedevano prelevare campioni di tessuto in maniera non mirata. Il rischio è che le lesioni possono essere molto piccole e sfuggire al prelievo inducendo un falso senso di sicurezza anche nei casi di cancro più pericolosi. 

Oppure casi lievi che non avrebbero indicazioni per trattamenti aggressivi potrebbero essere operati per la sfiducia del medico e per il timore che la biopsia non abbia rilevato i segnali d’allarme. Si tratterebbe quindi di un atteggiamento orientato all’over-treatment, con costi estremamente più alti non solo per il sistema sanitario ma anche per i rischi legati ad un intervento non necessario che potrebbe essere semplicemente monitorato con la ‘sorveglianza attiva’ e controlli periodici. 

La tecnica di prelievo di aree sospette  individuate con la RMN Multiparametrica

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